Mi racconta di figure mitologiche, mi racconta di una grattugia, mi racconta di un copertone abbandonato, mi racconta di rifugi improvvisati, mi racconta di cumuli di pietra, mi racconta dei minatori salvati, mi racconta dell’uomo di plastica e dei venditori ai bordi delle strade, mi racconta di Gozzilla, mi racconta di una bambola in cellulosa che si chiama Kiupi, mi racconta di donne sensuali, mi racconta dell’architettura primordiale, mi racconta il Cile, mi racconta di Shinoara di Marcela Correa di Aldo Rossi, mi racconta della gente, della convivenza e degli incontri casuali; tutto questo è Smiljan Radic Clarke.
Come folgorato dai suoi racconti mi trovo a vagare per la città di Conception, costeggiando il fiume Biobio, affascinato da questi coni in calcestruzzo nero che svettano informi verso il cielo, opera dell’architetto Ricardo Atanacio Balbodin in memoria del terremoto; volgendo lo sguardo al tramonto mi compare questa struttura informe dall'illuminazione sbagliata dove si generano ombre complesse quasi delle ombre cinesi. Proseguendo attraverso questo spazio sterrato, mi imbatto in una piattaforma dove una selva di pilastri dalle diagonali incalcolabili mi porta all'interno di questo essere dalla pelle di plastica in stile tendone da circo, trasparente e che avvolge perfettamente la struttura, dove il cuore è sorprendente labirintico, nero.
Rimango all'interno di questa macchina teatrale per circa un’ora ed è uscendo all'aperto che lo percepisco da un punto di vista diverso, mai uguale, la lanterna illuminata da una luce sbagliata accentua la struttura e le forme della gente con ombre difformi.
Me ne vado chiedendomi come mai passando sono finito all'interno del Teatro Biobio.
Biobio e i Vulcani
Mi ricordo di quel tendone da circo rosso e giallo alla sommità di un bell'edificio storico anni ’50, in centro a Santiago del Cile. Gli abitanti felici mi raccontavano del restauro delle facciate, mi dicevano, che fortuna, il terremoto non se l’era preso divorandone solo l’interno.
Il bianco folgorante del nuovo tinteggio mi incuriosì come il circo sul tetto, subito al primo ingresso attirato dalla percezione di un ambiente scuro, al di là del vetro, entrando, mi accolse il primo tra i colori puri, naturalmente il nero, ma poi il rosso e quel giallo del circo. Una lettura inizialmente indecifrabile dei movimenti all'interno dello spazio, mi portò in un sali scendi attraverso scale dalle forme e dai materiali più svariati, “io sempre vorrei che la gente si incontrasse e facesse amicizia ma tutti pensano no questa scala è sbagliata” (S.R.).
La nave e il tendone da circo
Qui ho conosciuto altre persone, incontrate più volte in questo sistema labirintico.
E' qui che emerge il pensiero prevalente di Smiljan, la sua volontà di spazio dove gente sconosciuta si incontra. Nave è uno spazio per la danza sperimentale l’unico a Santiago.
Il tendone sul tetto è una truffa alla normativa che ne impediva l’ampliamento, lui a quel punto disse che il circo è uno spazio temporale, necessariamente, è questo ne è il risultato. E allora “io ci ho messo un circo che non abbiamo disegnato ma comprato per 6000 euro”(S.R.).
Ascoltandoti ti dicesti: “tanti anni fa che non avevo una maniera è stata una fortuna, non avevo uno stile e ho detto che il metodo era collegare cose diverse dotate ognuna di una capacità simbolica e far qualcosa, neanche nuova, un’altra cosa, tanti anni fa 20 anni fa mi commissionarono la mia prima torre e io dissi che la cosa più bella che potevo fare era questa grattugia”.
Kiupi e la torre + bella. Una questione di scala
Una bambola di nome Kiupi una grattugia e la scoperta della grande importanza della scala architettonica, potremmo raccontare un’altra storia, una storia di modelli che non raccontano di architettura il ninio nascosto nella uova e lo studio sulla stabilità di un uovo, “la mia ricerca di essere dentro l’architettura antica quella oltre oceano” (S.R.), ed è con questa modalità, ed è dal castello del gigante egoista che inizia il pensiero sul padiglione della Serpentine Pavilon che tutti conosciamo.
A Santiago ho incontrato L’uomo di plastica che casca e cade più e più volte si crogiola sul pavimento avvolto dai suoi sacchetti di immondizia, l’uomo di plastica è un uomo, l’uomo senza tetto. Capii a quel punto che per lui l’architettura è fatta di cose che stanno accanto a te, fatte da nessuno, e che non lasciano traccia, non hanno fondazione, la sua idea è di danneggiare il meno possibile, il circo non lascia traccia è per lui il progetto più intelligente in architettura.
A fianco dell’autostrada, sacchetti di plastica svolazzano, piccoli fornitori di formaggi freschi, li utilizzo per attirare l’attenzione del viaggiatore, li incontrate sulla strada per Santiago.
Il cuscino gonfiabile per Cèline
Fuggire dal suo Cile, poche volte gli capita, ma in realtà i sacchetti di plastica e i venditori di formaggi lo accompagnano a Parigi dove lo aspetta la grazia e la sensualità di Céline, lo immagino questo padiglione all'interno di un edificio inadatto, l’idea del gonfiabile, un lungo studio sulle forme, “ma fare questo era noioso per l’utilità di 8 min.” (S.R.), troppa architettura. Alla fine torna a prevalere il Cile e l’idea finale è quella di gonfiare una borsa, la cui forma dipenderà dagli ostacoli che incontrerà nell'espandere il suo volume, un’emozione breve coinvolgente a contatto con la moda.
La non boutique di Alexander McQueen
Arriva Alexander Mc Queen, arriva da Londra, arriva con immagini di progetti già fatti standardizzati seguire la strategia commerciale, “no non è lo spazio che vorrei” (S.R.), si tentare di mettere insieme e usare materiali estranei a questo ambiente convenzionale inserendo arte, “ho paura sempre devi comperare qualcosa se no sei povero, questo negozio ti lascia fuori, allora ho costruito un labirinto domestico, tu entri di qua, poi devi cercare la scala per salire sempre più in alto, andare avanti, scoprire, incontrare” (S.R.).
I manichini sono nello spazio qua e la dappertutto li incontri li puoi guardare e mentre li guardi puoi incontrare qualcun altro che li guarda e fare amicizia, puoi osservare un’opera d’arte e guardare in alto incontrando enormi coni con cui lo sguardo arriva fino la cielo. Grazie per il tentativo di superare questa paura nel varcare la soglia di una boutique, dove sei circondato da pochi capi intoccabili appoggiati su bacheche in vetro dal valore oltre i 3 zeri e dove ad ogni capo è abbinata una commessa pronta per la vendita, paura ansia vergogna nel varcare questa soglia. Questo è il coraggio di aver contaminato la normalità costruendo una nuova visione degli spazi d’élite.
Infine torniamo in Cile Vi racconto di un rifugio di uno studio per uno scultore, un mucchio di pietra con una trave un rifugio di sopravvivenza fatto sulla costa lo osservo nella sua semplicità strutturale, incontro un muro di pietra intorno a degli alberi con una tenda su struttura in ferro, semplicità e stupore osservando un atelier di scultore, quando scompare il tendone rimane un muro in pietra per il ricovero degli animali, dove la struttura di sostegno sembra lei stessa una scultura adagiata sul prato verde.
Atelier per la natura
Arrivano dalla fine del mondo, il concetto è tutto ci racconti di oggetti frammenti ai bordi, terra, plastica, massi enormi, calcestruzzo, strutture da circo, strutture arcaiche, labirinti, rifugi, tutto viene costruito lavorato composto studiato meditato, ma per te le persone sono tutto lo studio dei loro movimenti, incontrarsi è bello conoscersi è bello, vivere in un ambiente, costruito senza filtri.
“Ci piace divertirci ci piace essere fuori strada, ci piace tentare di collegare cose diverse” (S.R.)
05.04.2019, Dall'incontro con Smiljan Radic
L'immensità di quell'incontro